L’Iran sta chiudendo i negozi dove le donne non indossano il velo




CTK

Aggiornato 18/04/2023 11:02

Le autorità iraniane hanno chiuso 140 negozi e 20 ristoranti da sabato perché i loro clienti non hanno seguito il codice di abbigliamento islamico e non si sono coperti i capelli e il décolleté con un velo, ha riferito IRNA. Molte donne iraniane nel Paese hanno smesso di indossare il velo in pubblico dallo scoppio delle proteste antigovernative lo scorso anno, scatenate dalla morte di una giovane ragazza dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per aver indossato il velo sbagliato.

Il regime clericale iraniano questo mese ha avviato controlli più severi sul velo, che le donne in Iran hanno dovuto coprire i capelli e il décolleté in pubblico dalla rivoluzione islamica del 1979. Le autorità hanno installato telecamere negli spazi pubblici per controllare le donne. Adeguate comunicazioni delle parti interessate al presente regolamento devono essere affisse anche nei negozi.

La polizia ha anche inviato almeno 3.500 sms ai cellulari delle donne che guidano senza coprirsi i capelli. “Gentile signora, quel giorno ha commesso un reato non indossando l’hijab in pubblico ai sensi dell’articolo 638 del codice penale”, si legge nell’sms. “Questo messaggio è un avvertimento, se continui questo crimine di non indossare il velo sarai perseguito”, ha continuato l’avvertimento, citato da EFE.

In Iran, le donne rischiano una multa o la reclusione fino a due mesi per non aver indossato il velo, ma le autorità possono anche ricorrere ad altre punizioni, come la confisca dei conti bancari. Le donne che guidano senza velo rischiano il sequestro dell’auto.

Le manifestazioni dello scorso anno in Iran, le più grandi proteste antigovernative degli ultimi decenni, sono state scatenate dalla morte di una donna iraniana di 22 anni di origine curda dopo essere stata arrestata dalla polizia morale.

Mahsá Aminíová è stata arrestata a metà settembre ed è morta poco dopo, secondo la versione ufficiale, per un infarto. Ma la famiglia sostiene che sia stato vittima della brutalità della polizia. Durante la violenta repressione delle proteste morirono cinquecento persone e, secondo organizzazioni non governative, il regime arrestò per loro 19.000 persone, alcune delle quali furono condannate a morte e giustiziate.

Tonio Vecellio

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