Enrico Berlinguer: Il comunismo europeo nelle misure

Il “grande italiano”: lo era effettivamente, anche se non amava particolarmente le differenze incompatibili con la sua naturale semplicità e democrazia. Enrico Berlinguer ha voluto associarsi al suo titolo e alla sua opera.

Tuttavia, in qualità di segretario generale del Partito comunista più potente del mondo occidentale, ha impresso il suo sigillo sul suo Paese. Non è riuscito soltanto a portare il suo partito sull’orlo del potere. Aspira ancora a cambiare il comunismo. Per quanto riguarda l’Italia, non è impossibile che abbia successo. Ma si è rivelato un profeta anche fuori luogo?

Questa famosa primavera Dubcek, che non poteva sbocciare a Praga, qui Enrico Berlinguer, segretario generale del Partito Comunista Italiano, l’ha annunciata in tutta fioritura e colore a Roma, Madrid, Parigi.

“IL PASSO”, 30.1.1977, Archivio Storico “IL PASSO” & “LA NOTIZIA”

Il suo socialismo dal volto umano, senza “confessioni” e senza psichiatria, è stato battezzato dal mondo come “Eurocomunismo”. Un comunismo che separa la sua posizione dal Cremlino, che è l’Europa, ma per le dimensioni (sartoria italiana, abito francese, stile spagnolo) o, come altri dicono, per i colori nazionali.

Un comunismo che riuscisse a conciliare il socialismo con la libertà (religiosa, di stampa, formazione di partiti politici e movimenti individuali ovviamente), il cui scopo fosse sempre l’eliminazione dello “sfruttamento dell’uomo sull’uomo”, ma senza l’instaurazione di una dittatura totalitaria, che alla fine porterebbe a ciò che finora non è mai stato fatto da nessuno, con o senza gulag: né i socialdemocratici, né gli amministratori o i prigionieri del capitalismo, né i comunisti saliti al potere, che stavano rapidamente soffocando il potere statale. libertà, che è “tipica”, come la caratterizza, o, peggio ancora, “urbana”.

Un sogno antico che, nonostante tante delusioni, Berlinguer ha fatto entrare nel suo programma.

Eurocomunismo. Una parola che accettò, ma non la sua. Il suo avversario, e tutto suo, era il termine che aveva messo radici nel suo paese ed era sulla conversazione di tutti: “compromesso storico”. Compromesso con la Chiesa, cioè il cattolicesimo e la sua espressione politica, la Democrazia Cristiana, che è anch’essa un partito di massa, ma a condizione che ovviamente non rimanga com’è, ma si purifichi per abbracciare il cristianesimo e la democrazia. le forze che, in nome di San Matteo, se non di Karl Marx, avrebbero sconfitto le correnti conservatrici. Il dono del “compromesso storico”, l’Italia che ha conciliato “socialismo e libertà”.

La genialità dei comunisti italiani (il primo Berlinguer) è stata quella di aver capito la particolarità dell’Italia, questa “Italia d’Italia”, dove i comunisti non solo nascono cristiani ma sono anche morti cristiani, dove quando viene sepolto un combattente del partito, le loro croci si confondono . con le mani alzate e un rosario con “avadi popolo” dove i membri del CC vanno a messa e i cattolici (loro) all’incontro principale dove Dio, eccoci qui, vede e si manifesta.

[…]

Quindi il compromesso storico tra socialismo e cattolicesimo, tra classe operaia e classe media: il “comunismo all’italiana” sul modello dell’“eurocomunismo”. Un comunismo per gli europei occidentali e i latini, e più specificamente il cattolicesimo. Perché il Nord Europa è un Paese socialdemocratico oltre che protestante. Il Partito Comunista Italiano lo chiarisce: “La socialdemocrazia, che ci piaccia o no, nei paesi del Nord è l’espressione politica della classe operaia”, ha detto Giorgio Amendola (politico e scrittore italiano). Sebbene in pace in patria, i comunisti italiani divennero ecumenici in Europa.

[…]

La democrazia cristiana non vuole coesistere con il Partito Comunista Italiano, e non può sopravvivere senza il Partito Comunista Italiano. Enrico Berlinguer riuscì a rendersi indispensabile.

L’”eurocomunismo” è un puro inganno, dicono molti. Forse una scommessa. E ovviamente una sfida. Anche lo “sconosciuto”, perché il tentativo non ha precedenti.

“Nuove strade”, ha spiegato Berlinguer a Georges Marsail (attuale segretario generale del Comitato centrale del Partito comunista francese) e Carrillo (attuale segretario generale del Comitato centrale del Partito comunista spagnolo). «E inesplorate», aggiunse pensieroso, immaginando strade che non portavano tutte a Roma, ma almeno partivano da lì.

*Estratto da un articolo dedicato a Enrico Berlinguer e al famoso eurocomunismo. L’autore di questo testo, pubblicato sul quotidiano “To Vima” il 30 gennaio 1977, è il giornalista e scrittore francese Eugène Mannoni (1921-1994).

QUELLO Enrico Berlinguer (Enrico Berlinguer), suo segretario generale Partito Comunista Italiano dal marzo 1972 al giugno 1984 è stato un sostenitore del termine “compromesso storico”.

Di fronte al grande dilemma politico tra “governo di sinistra o governo di salvezza nazionale di sinistra”, gli “insegnanti dell’eurocomunismo” hanno favorito soluzioni audaci di cooperazione e comprensione, convergenza e trascendenza.

Berlinguer, nato a Sassari, in Sardegna, il 25 maggio 1922, morì di emorragia cerebrale l’11 giugno 1984 a Padova.

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Benigna Rosiello

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