La giornalista italo-israeliana Rula Zebreal, nel suo post sui social, ha fatto riferimento al passato del padre Giorgia Meloni, il cui partito si è classificato primo alle elezioni del 25.Lui Settembre.
“Durante la campagna elettorale, Giorgia Meloni, il nuovo primo ministro italiano, ha voluto riprodurre un video contenente immagini di stupro, che suggerivano che i richiedenti asilo fossero criminali che volevano sostituire i cristiani bianchi. “Ironia della sorte, il padre di Meloni era uno spacciatore/criminale che è stato condannato e ha scontato una pena in prigione”, ha scritto Zebreal.
Giorgia Meloni, leader della fazione italiana Adelphia, ha immediatamente risposto al post, affermando:
«Questa è la sensibilità della stampa italiana, che parla dei problemi di mio padre, ma nasconde elementi chiave in titoli plateali. Tutti sanno che mio padre se n’è andato quando avevo un anno. Tutti sanno che decisi di non rivederlo mai più, quando avevo undici anni. Tutti sanno che non ho mai più avuto contatti con lui finché non è morto. Ma, a quanto pare, questo non conta, perché il “considerato benevolo” può essere considerato un rivestimento della vita del “mostro”. Naturalmente, un’altra cosa che non si applica a me è il peccato dei genitori che non sono in grado di disciplinare i propri figli. PS Signora Zebreal, spero che possa spiegare al giudice quando e dove ho rilasciato la dichiarazione che ha inviato.”
La maggior parte dei media italiani si è occupata della questione, sottolineando, in molti casi, che l’intervento di Rula Zebreal è stato un “intervento inappropriato”.
Infine, Anna Paratore, mamma di Georgia Meloni, ha risposto al post del giornalista, che – via internet – evidenziava, tra l’altro:
“Dopo aver vissuto i peggiori abusi su mia figlia, bugie e ogni tipo di falsificazione della realtà, diffamazioni che, se sei di destra, in Italia non sei giustificato nemmeno in aula, sono stanco. Il mio rapporto con il padre dei miei figli non è oggetto di discussione pubblica. E non credo che la storia di un uomo morto da anni sia oggetto di dibattito pubblico. L’ultima volta che io e le mie figlie lo abbiamo visto è stato un pomeriggio del 1988, a Villa Borghese a Roma, quando chiese, dopo un’assenza di cinque anni, di poter ricongiungersi con le sue figlie. Fu un incontro inutile, insignificante, con due ragazzine che a malapena si ricordavano di lui e lui che diceva loro di chiamarlo Franco, perché pensava che “papà” lo stesse facendo invecchiare”.
Fonte: RES-MPE
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