fL’alleanza elettorale che si annunciava con fiducia per impedire la presa del potere da parte della destra unificata a Roma durò cinque giorni. L’evento è stato chiuso dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta, leader del Partito socialdemocratico Democratico (PD), e dall’ex ministro dell’Economia Carlo Calenda, capo del partito di sinistra liberale Azione. Anche il partito Più Europa del commissario Ue Emma Bonino, che è allineato con Azione, ha aderito al patto con i socialdemocratici per le elezioni del 25 settembre. Il PD Letta ha attualmente il 23 per cento nel sondaggio, Azione e Più Europa dovrebbero portare all’alleanza il loro sei per cento cumulativo di approvazione.
Ma domenica Calenda ha annunciato che avrebbe abbandonato il patto appena fatto. Più Europa, invece, si aggrappa all’alleanza.
Il motivo del ritiro di Calenda è stata un’altra alleanza fatta sabato dal leader del PD Letta. Vale a dire con gli alleati di partito Europa Verde (Green Europe) e Sinistra Italiana (Italia Left), che hanno entrambi vinto il quattro per cento nel sondaggio. Il 23 più sei più quattro che Letta aveva sperato, che era il 33 per cento, ora è diventato inaspettatamente solo un altro 30 per cento. Non è del tutto chiaro se Azione come “festa in solitario” possa facilmente ottenere la metà della percentuale che hanno raggiunto di recente in un sondaggio congiunto con Più Europa. Anche il ministro degli Esteri ad interim Luigi Di Maio, che a giugno ha lasciato il Movimento 5 stelle populista di sinistra, ha aderito all’alleanza di Letta con il suo nuovo partito, l’Impergno Civico. Cosa potrebbe portare Di Maio nell’accordo con il suo piccolo partito è incerto.
Dita puntate
Dopo il ritiro di Calenda, Letta si è arrabbiata: “Mi sembra che Calenda sia l’unico possibile partner di Calenda”. Invece, ha incolpato Letta per il fallimento dell’alleanza: “Sapeva ieri cosa sarebbe successo oggi. L’ho avvertito”, ha detto domenica Calenda. La giustificazione di Calenda per aver infranto il patto che aveva appena stretto con Letta non era del tutto improvvisa. Letta ha fatto campagna e tuttora si batte per la sua alleanza sull’argomento che in caso di vittoria elettorale, vogliono continuare l’opera del presidente del Consiglio apartitico Mario Draghi.
Ma nel voto della scorsa settimana sull’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO, la sinistra ei Verdi non hanno votato con la coalizione uscente di Draghi. Anche il nuovo alleato di Letta ha preso posizione contraria a quella dei socialdemocratici sulla politica energetica e rispetto alla guerra contro l’Ucraina. Calenda ha accusato Letta di aprire troppo il PD all’estrema sinistra con il nuovo patto, piuttosto che cercare ulteriori partner al centro politico.
C’erano ad esempio l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi e il suo piccolo partito di centrosinistra Italia Viva (Living Italy). Renzi ha lasciato il PD nel settembre 2019 dopo che i socialdemocratici hanno formato una coalizione a cinque stelle, portando con sé diverse personalità politiche socialdemocratiche nel suo nuovo partito. Nei sondaggi d’opinione, l’italiana Viva è arrivata a poco meno del tre per cento, quindi deve preoccuparsi di superare l’ostacolo del tre per cento ed entrare in parlamento se vuole stare da sola. Nel febbraio 2014 Renzi ha estromesso dalla presidenza del Consiglio il suo collega di allora PD, Enrico Letta. Letta Renzi non ha ancora perdonato questa “pugnalata alla schiena”. I due non dovrebbero più essere amici, forse nemmeno partner politici.
Renzi ora sta spingendo per un “pilastro di mezzo” che possa ottenere risultati elettorali a due cifre e schierarsi sia con la sinistra che con la destra. Tuttavia, è discutibile se ci sarà abbastanza tempo per questo. E anche questione aperta è se il patto di centro politico redatto frettolosamente riceverà il dieci per cento dei voti necessari per l’ingresso in parlamento dell’alleanza di partito. Come spesso accade nella politica italiana, la forza della destra è dovuta anche alla debolezza della sinistra divisa. L’alleanza di estrema destra guidata dal partito postfascista Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni non ha mostrato finora alcuna lacuna.
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