I media internazionali hanno riportato ampiamente la terribile tragedia che si è consumata da ieri pomeriggio al largo della costa di Pylos, ma ciò solleva ovvi interrogativi sulla guardia costiera e sulla dura posizione del governo sull’immigrazione.
In un momento in cui un numero crescente di testimonianze delineano un quadro diverso da quello presentato dalla Guardia costiera greca, La Reppublica Italia trova un collegamento tra la tragedia e l’atteggiamento sempre più duro della Guardia costiera greca nei confronti dei rifugiati e degli immigrati.
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Il giornale ha parlato della “mano dura” di Mitsotakis che impedisce il salvataggio dei rifugiati e ha sottolineato che i cambiamenti di percorso altamente conservatori del paese hanno portato a cambiamenti di percorso e che i migranti sono stati costretti a prendere rotte più pericolose.
Accoglie anche le fughe di notizie provenienti da fonti governative che incolpano il governo ad interim e suggeriscono che attualmente esiste un organo esecutivo di transizione e Kyriakos Mitsotakis non può intervenire.
A prendere l’iniziativa è stato anche il Corriere della Sera, citando le denunce di Alarm Phone, che è in costante contatto con le persone sui pescherecci. L’organizzazione aveva messo in guardia le autorità greche per diverse ore, mentre queste mettevano in dubbio l’affermazione della Guardia Costiera secondo cui i migranti rifiutavano l’aiuto.
Allo stesso tempo, l’agenzia Ansa sottolinea che il relitto potrebbe trasformarsi in una delle più grandi stragi del Mediterraneo e che Atene è stata accusata dalle Ong di ritardare i soccorsi.
Il naufragio che ha ucciso 78 persone al largo di Pilo mercoledì mattina (14/6) ha fatto notizia sui media internazionali. Il numero aumenterà drasticamente perché non è ancora noto il numero dei passeggeri, mentre testimoni oculari dicono che si tratti addirittura di 750 persone.
A sua volta, Le Monde cita l’inviato speciale dell’UNHCR per i rifugiati, Vincent Cosetel, secondo cui le navi di soccorso greche hanno accompagnato le navi di schiavi fino a quando non si sono convinte che fossero fuori dai confini della loro area di responsabilità di salvataggio.
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